Carissimi amici,
una notte e 4000 km mi separano da casa: domani a quest'ora sarò già avvolto nel familiare caos dell'insonne e rumorosa Milano, col cuore in gola probabilmente e ansioso di riprendermi quello che per questi lunghi mesi ho lasciato.
Erano esattamente nove mesi fa, ero nello stesso posto alla stessa ora. Quella volta Nsimalen puzzava di nuovo e io ero straniero. Oggi sono sempre straniero ma l'aeroporto non puzza più.
Caro jj, come back to what you know. Il tuo mondo ti accoglie affamato di storie e tu gliele darai. Per un po' farà male e ti sentirai più straniero che a Nsimalen ma cederai alla voglia di racconti esotici fatti di stregoni col granchio, di scimmie di Amougou e di ragazzi senza casa. Ti dimenticherai dei discorsi sull'assenza di tensione professionale, sul progredire senza cedere all'occidentalizzazione e sull'evoluzionismo antropologico. Te ne dimenticherai proprio perché questa volta parti per un mondo che tu conosci e che sai cosa vuole.
Una volta tornato chiuderò la porta della camera in Cameroun, questo spazio infinito che ha permesso a tanti di sognare. Chissà, forse la finestra si aprirà domani sulle pampas o sugli ignoti deserti diffonici della Mongolia Quel che è sicuro è che per un po'si affaccerà sulla meno curiosa ma non meno meritevole via Tadino, con le sue persone e i suoi racconti.
E' difficile dire cosa mi mancherà, la lista sarebbe infinita ma sono tante anche le cose che mi sono mancate, tante davvero.
E' difficile mettere un punto ad una storia così, ma è bello sapere di poter cominciare la prossima con la lettera maiuscola.
E' difficile selezionare i momenti più belli, ma ci sono alcune immagini che neanche il tempo potrà cancellare.
Non mi scorderò del penultimo viaggio in treno per Yaounde quando cominciando a intravedere il saliscendi dei quartieri periferici il mio compagno di stanza esclamò con entusiasmo"benvenuto nella città dai sette colli!" E della sorpresa presto ricambiata quando gli dissi che di città dai sette colli ne esisteva una anche da me. Ci siamo messi a ridere pensando a quanto siamo chiusi nei nostri piccoli universi.
Nessuno mi porterà via il senso di incomprensione e di maledetta impotenza davanti alle parole di una mamma che confessava con disarmante onestà di ricorrere sovente ad una catena di ferro per impedire al suo bambino (di sei anni) di scappare continuamente da casa.
Non mi dimenticherò mai di quella bambina che, un giorno che camminavo tranquillo in quartiere, corse verso di me e con due occhi esitanti e sospettosi mi chiese
"Est-ce que tu es vraiment blanc?". Da allora mi è capitato più volte desiderare di addormentarmi e risvegliarmi nero, perché ci sono delle cose di questo mondo che da bianchi è pretenzioso sperare di capire.
Dell'Africa non è possibile lavarsi una volta tornati a casa e anche se la mia Africa non è vittima di guerre né muore di fame, non per questo il ricordo di certi vissuti sarà meno rovente.
Non basteranno certo quei quattro batik appesi al muro a rendere il reinserimento più facile, nè le lettere, né le fotografie, né i cd dei Faadah Kautal, ma sono contento di rivedervi e di potervi raccontare una volta di più tutto questo cammino.
jj escalante
domenica 30 settembre 2007
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