martedì 28 agosto 2007

28-08-07 Cari compagni di viaggio

Cari compagni di viaggio,


vi immagino ancora su spiagge dorate intenti a perfezionare l'immancabile tintarella estiva da sfoggiare ad amici e parenti al ritorno dalle ferie. Io quest'anno sarò sotto quest'aspetto molto deludente, l'Africa non ha dato alla mia pelle quel colore cioccolato che tutti si aspetterebbero dopo nove mesi di sole equatoriale, ma in compenso ha saputo lasciare sul mio corpo un segno ben più esclusivo. L'ultimo battesimo a questa terra è stata infatti una malaria che mi ha bloccato per qualche giorno ma che per fortuna non ha lasciato troppi strascichi, se non un esagerato stato di spossatezza che ho combattuto mangiando senza limiti e drogandomi di polase e fermenti lattici durante tutta la convalescenza.

So quanta paura possa incutere questa malattia in noi, che ci nutriamo di statistiche e inghiottiamo qualsiasi verità mediatica, in realtà qui il paludisme (questo il nome francese) è solo una forte influenza curabile facilmente se presa in tempo. La prevenzione rimane sempre la via preferenziale per evitare di incapparvici ma è anche vero che una terapia prolungata può risultare più dannosa per l'organismo che la contrazione della malattia stessa. In ogni modo mi son fatto una settimana di letto senza la forza per fare nulla , mi sparavo gran puntate di destins croisées (una telenovela venezuelana ignorantissima), flebo, mille pastiglie e pisolini a ripetizione, aspettando di riprendermi. D'altro canto devo dire che se il palu ti colpisce quando il corpo è fragile, io gli ho spianato il terreno perché la settimana dell'inaugurazione del Murales di fatica ne ho accumulata tanta, ed è bastato un giorno di sedimentazione perché la febbre salisse fino a quarantuno trasformandomi in uno straccio. E'un'esperienza che non auguro certo a nessuno ma resterà una di quelle cose da raccontare un giorno ai nipotini, come mio nonno aveva fatto con me, solo che lui la malaria, in guerra, l'aveva curata coi fichi.

En tout cas, è valsa la pena di faticare perché il 14 Luglio abbiamo fatto un regalo ai cugini francesi inaugurando nel giorno della loro festa nazionale un piccolo capolavoro d'arte concettuale.


La pittura murale della MJC, intitolata Faadah Meden, è stata contemplata e osannata da tanti, che ne hanno rimarcato i tratti quasi caravaggistici, si parva licet.

In quanto coordinatore del progetto devo dire che tutto il lavoro è stato molto bello, difficile, ma stimolante. Siamo riusciti a rispettare le tappe e gli obiettivi che ci eravamo posti anche se nell'ultima fase la mano degli artisti ha prevalso nettamente su quella dei bambini. Purtroppo in questo paese il fatto che una cosa sia vistosa e magnificente, soprattutto agli occhi delle autorità, è superiore a tutto, e lottare con questa mentalità è stata forse la sfida più grande. C'è stato comunque un buon ponte tra il lavoro degli amatori e quello dei professionisti, il Murales di staglia come un imponente totem identitario al centro della struttura e le coppie di sposi già vengono a scattare le loro pose ricordo davanti all'opera…


Con la conclusione di questa attività, e passata la malaria, le mie giornate hanno guadagnato tempo, che ho impiegato sia nell'animazione coi bambini di quartiere sia nelle ultime uscite con gli "Eben Ivoire". Per quanto riguarda quest'ultimi è ovvio che andando via il collante bianco le probabilità che il gruppo continui con la stessa costanza si abbassano notevolmente ma il collettivo è determinato e soprattutto sembra aver capito che non serve che un po' di impegno per riuscire ad ottenere dei buoni risultati. La presenza di un leader e l'entusiasmo di questi mesi possono essere le carte vincenti per ripartire l'anno prossimo col piede giusto e guadagnarsi un angolino nel panorama musicale della città, ma soprattutto per essere una risorsa della struttura e un esempio per le nuove generazioni di giovani "artisti" cresciuti nella culla della MJC.

A livello musicale è stata molto positiva anche la collaborazione con l'Alliance Franco Camerunese, culminata in una serata all'insegna del melange dei costumi .

Lo scambio tra le due strutture (MJC e quest'ultima), diverse per ispirazione e programmi, sorelle nella missione di educare un pubblico impreparato verso un' indispensabile emancipazione culturale, deve essere un punto fermo nelle politiche bilaterali dell'immediato futuro.


L'Africa è in un delicato momento storico nel quale è in atto l'evoluzione di paesi che non devono abbandonare la tradizione, adattandosi al modernismo. In Cameroun, la colonizzazione, in particolare quella francese, ha imposto i suoi clichés distruggendo lo spirito d'iniziativa e soffocando i costumi locali, a parte qualche caso in cui ha saputo abilmente trasformare i capi tradizionali in funzionari amministrativi della macchina statale.

Sin dalla scuola elementare i bambini sono abituati a copiare e ripetere senza coltivare un senso critico tanto che nascono generazioni di uomini altamente burocratizzati piegati ad un sistema che non condividono ma che sono incapaci di contrastare

Si respira in ogni campo un assenza di evoluzione, una stagnazione che lascia sconcertati. E'come se un intera popolazione fosse allergica al cambiamento. L'apparato politico è fermo da 23 anni, ed è impregnato nella corruzione a livelli scandalosi, l'investimento nella formazione continua a essere bassissimo per non parlare della carenza di infrastrutture che impedisce al turismo di fare quel salto che un paese di una tale bellezza meriterebbe.

Le elezioni amministrative sono stato un caso emblematico, ancora una volta il partito al governo ha dominato pressoché ovunque non solo per mancanza di alternative ma perché ha le tasche più gonfie di chiunque altro ed ha quindi saputo convincere bene le classi più povere. Sono passati più di vent'anni da quando a Ouagadogou si sentì dire "L'onestà è buona cosa ma non si mangia" , ma il mondo non sembra essere cambiato: di fronte ai soldi l'uomo è pronto a chiudere non uno ma entrambi gli occhi.

Io non penso che questi problemi siano tipici solo del contesto africano, sono questioni nate in casa nostra che i governi post-indipendentisti hanno ereditato e assimilato, e che qui appaiono ancora più accentuate (come tutto del resto).

Il grosso problema è che questi popoli si sono abituati (sono stati abituati?) a copiare tutto ciò che viene dal bianco, il quale accusando l'intera cultura africana di arcaismo, ha condizionato un processo evolutivo, e di adattamento al modernismo, che forse avrebbe dovuto essere più lento e naturale.

Parlo di indispensabile emancipazione culturale per un pubblico impreparato perché nonostante la ricchissima produzione artistica che contraddistingue il Cameroun, oggigiorno la soggiogazione alle mode occidentali e l'ossessione di copiare gli stili dei bianchi, soprattutto ciò che di più kitsch esiste nel nostro mondo, sta facendo dimenticare ai più giovani l'importanza della continuazione del percorso artistico del proprio paese. Se valorizzata, la fusione tra tradizione e modernismo può essere un importante strumento di coesione identitaria, oltre ad essere la prova di forza di una cultura, che importa ciò che apprezza, ma che non si piega ai costumi stranieri. Vi giuro che guardando la televisione, i film, i video musicali, le pubblicità stupisce più che il digital divide di cui tanto si parla un taste divide che tira sassate ad un senso estetico che non pretendo di definire oggettivo ma che è lontano dal gusto diciamo…generale.


Non mi stancherò di dire che l'Africa che sto conoscendo io è un Africa che ha bisogno di educazione, di supporto tecnico, di valorizzazione, e non di quel pietismo con cui ancora siamo troppo abituati a guardarla.

Intanto è arrivata l'altra metà della mia famiglia dall'Italia e con loro ho salutato Garoua, come si saluterebbe un amico che si ha la certezza di rivedere, con una pacca sulla spalla e un in bocca al lupo per il futuro.

I ragazzi di strada ci hanno fatto una gran festa, quelli del gruppo musicale sono addirittura venuti la mattina della partenza e così, con le lacrime agli occhi pur sapendo di tornare, ho dato l'arrivederci da un bus della touristique voyages a grandi compagni di avventure e ad una città non priva di contraddizioni che mi ha regalato tante emozioni.

Grazie a chi ha sentito il desiderio di entrare nella camera in Cameroun, camminando al mio fianco, aiutandomi a confrontarmi e a capire delle sfumature di questo mondo che da solo non avrei colto. Ci vediamo tra pochissimo.


JJ escalante

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il tuo "a tra pochissimo" rimarrà sempre un "troppo" per noi.
Muoviti a venire a casa!!!

Frankie from Gorgoncity...