giovedì 5 aprile 2007

05-04-07 lo chiamano Guldum

Qui lo chiamano tutti Guldum.

L'incipit gutturale già suggerisce che il nome cela un notevole quantitativo di autorevolezza ma, se lo si conosce, allora Guldum si manifesta senza veli nella sua incontrastabile possanza.

Guldum è talmente importante che quando si incontra un amico per strada ancora prima di domandargli "Come stai?" gli si chiede "Come va con Guldum?". E spesso la risposta non è positiva.

Guldum è talmente forte che non dorme mai. Ogni sera prima di coricarsi qui ciascuno spera che almeno questa notte Guldum abbia bisogno di un po'di riposo ma sembra che la sua energia sia infinita.

Gli uomini hanno inventato ogni sorta di macchina per contrastarlo ma spesso è ancora lui a vincere.

Guldum nel paese da cui vengo io non esiste. Ma qui per tre mesi all'anno è l'assoluto sovrano e quando arriva piega i suoi sudditi come nessun altro re sulla terra.

Cari amici,

Guldum è arrivato. Mi avevano ben spaventato dal Sud e facevano bene: qui il caldo è qualcosa di inconcepibile, difficile anche solo da immaginare. E'assurdo perchè la temperatura non scende mai e quando soffia un filo di vento è aria calda. Se volete assaporare l'emozione, provate a mettervi vicino ad un forno e puntatevi un phon in faccia. Ma solo se siete molto solidali.

Ovviamente è un caldo secco quindi bevi tipo quattro litri d'acqua al giorno ma vai in bagno due volte, il termometro che abbiamo in salotto è sempre sopra i 35 gradi e quando abbiamo osato metterlo sul davanzale della finestra (ma comunque all'ombra) è salito fino al massimo, quarantacinque gradi, senza darci la soddisfazione di sapere fino a dove sarebbe potuto arrivare.

Ma la vera commedia è la notte. Qui per combattere l'arsura ognuno inventa e adotta le sue strategie. Io, oltre alla ventola che dalla sera al mattino gira al massimo sopra la mia testa, ho una bottiglietta col tappo forato (brevetto di Luca) che utilizzo tre o quattro volte in una notte per bagnare me e il letto che scotta e, essenziale, una scorta di due litri di acqua ghiacciata per dissetarmi.

Ogni tanto capita che ti svegli e corri sotto la doccia due minuti prima di rimetterti a dormire; un volontario che c'era qui l'anno scorso ogni sera metteva il cuscino in congelatore per garantirsi una frescura prolungata. Ma il rimedio migliore rimane quello di dormire fuori (come fanno tutti del resto, dato che non è che siano in molti ad avere ventole e mica ventole, e quasi nessuno – quello neanche noi – un impianto di condizionamento) anche perché durante la stagione secca non ci sono molte zanzare. Io e Luca due sere abbiamo preso la macchina e siamo andati a dormire alla ferme, un centro agricolo in piena brousse, a 15 km da Garoua, dove tira un filo di aria in più. Non vi dico che magia addormentarsi sotto un albero in mezzo alla savana, con le stelle sopra i nostri occhi e una mandria di animali a farci compagnia. La prima volta ho dormito senza interruzioni fino all'alba mentre la seconda il guardiano è venuto a svegliarci in piena notte per dirci che aveva bisogno della fionda che aveva dimenticato nella nostra macchina (qui i guardiani ci difendono con machete, arco o appunto fionda…).

Il lavoro procede bene. Concluso il mese di "osservazione" sono entrato a pieno ritmo nei due progetti e devo dire che questa dicotomia nella partizione del mio tempo mi permette di visionare le due realtà, così diverse tra loro.

Il programma Enfants de la Rue (EDR) è davvero ben organizzato, pensate che dalla sua nascita nel 1997 ha reinserito nelle famiglie di origine più di 450 ragazzi di cui l'82% si è stabilizzato mentre un'ottantina di ragazzi sono tornati in strada. I nostri bambini della Petite Maison (che a fine aprile sarà re-inaugurata SAARE JABBAAMA) hanno finito il secondo trimestre con delle medie molto alte e per questo li abbiamo festeggiati con tanto di canzoni, cena e saluti per le vacanze di Pasqua. Io ho preparato il succo di folerè (un fiore rosso molto amaro) ma mi sono dimenticato lo zucchero e i bambini sono venuti lo stesso a dirmi che era buono.

Una delle attività più emozionanti del progetto sono i viaggi di "ricerca" e "valutazione". Dietro a ogni ragazzino c'è una storia da ricostruire, un laborioso percorso investigativo da tracciare per cercare di affidarlo a un familiare. Come potete ben immaginare avere informazioni precise da un bambino di dieci anni non è la cosa più facile del mondo. Ci si affida ai vaghi ricordi e si parte per una caccia al tesoro che solo dopo svariati tentativi dà qualche risultato. Quando il reinserimento è stato effettuato i viaggi diventano "di valutazione" nel senso che di tanto in tanto si va a vedere se il rimpatriato sta bene, è ancora in casa, studia, lavora, etc..

Lunedì sono tornato da uno di questi viaggi: siamo partiti in 11 su un pickup, 7 "petit bandits" e 4 responsabili e siamo arrivati fino a Tokombéré, nell'Estremo Nord. Viaggio faticante, soprattutto guidare su strade impensabili per arrivare in questi villaggi dimenticati dal mondo; ma quando ti trovi davanti agli occhi un bambino di dodici anni che scoppia in lacrime dopo aver conosciuto sua madre che lo credeva morto pensi che questo viaggio lo avresti fatto anche in ginocchio.

Alla Maison Des Jeunes et de la Culture, centro sociale dall'importanza altrettanto capitale (pensate che alcuni musicisti famosi in Cameroun hanno impugnato la loro prima chitarra proprio in una MJC, un giornalista che ora lavora a Canal 2 è stato iniziato al mondo nella comunicazione in uno di questi centri) dato che di proposte sociali a livello statale, soprattutto qui al Nord, non ce ne sono, la mia presenza – tanto quanto l'utenza- è molto diversa. Se coi ragazzi di strada le richieste rispecchiano una necessità di soddisfazione dei bisogni primari, di attenzione e considerazione (ridono da matti se mi cimento in improbabili conversazioni o declamazioni in fulfuldè), le richieste ma soprattutto le risorse di una MJC chiedono un altro approccio e altri obbiettivi. Per ora ho collaborato con uno stagista nigeriano dalle rare capacità artistiche per cercare di risvegliare l'atelier di musica perso nei meandri dell'hip hop e della coupè decalè. Con lui ho suonato alla festa della donna, alla festa per la sua partenza e ho anche registrato un pezzo ignorante che forse esce sul suo album a Giugno in Nigeria. Non è che fosse proprio il mio sogno di quand'ero bambino ma la collaborazione è stata comunque interessante.

Con il gruppo di teatro abbiamo messo in scena una Biancaneve tropicalizzata (tipo che la mamma di Biancaneve moriva di malaria) e ora sto lavorando alla registrazione di una corale religiosa.

Cerco di fare tutto lasciando un'eredità e formando gli animatori locali (mai una lezione frontale ma uno scambio diretto molto empirico), è una delle cose che ho imparato da questi primi mesi: venire giù venti giorni come tre anni non ha comunque senso se dall'interazione non esce una capacità acquisita che possa essere sfruttata anche dopo la nostra partenza. Credo che anche adocchiando le nuove linee europee nella cooperazione internazionale si percepisca un cambiamento di rotta in questo senso diretto alla responsabilizzazione e al finanziamento di progetti di paternariato con ONG locali, oltre che alla indispensabile cooperazione tra gli enti stranieri (ONG, missioni…) che troppo spesso si calpestano i piedi su uno stesso territorio, cosa abbastanza paradossale in un ambito del genere. Comunque si scoprono progetti molto interessanti ma anche molti doppioni o strutture dalle finalità ignote. Quello che è sicuro è che di soldi ne girano e spesso non si capisce dove vanno a finire. E un'altra cosa sicura è che qui non hanno ancora capito che il tempo è una risorsa che vale tanto quanto i soldi.

E'incredibile, penso che ogni mail potrebbe essere lunga dieci pagine ci sono troppe cose che vorrei condividere con voi, anche solo le cose assurde che si vedono in giro (tipo: qui la maglietta di una squadra di calcio che sia il Cagliari o il Manchester, è uno satus symbol; però quando sono arrivato in un villaggio sperduto e ho trovato la moglie del capovillaggio sessantenne e senza denti con la maglia di Ljiumberg ho riso per un quarto d'ora), ma se c'è una cosa che non posso non fare è ringraziarvi per lo splendido regalo che mi avete fatto arrivare giù. Grazie a Smirne, ideatore e realizzatore del video (non so più che parole utilizzare per farti capire quanto mi stai aiutando), grazie a tutti quel che hanno contribuito o mi hanno "solo" lanciato un saluto davanti alla videocamera, è stato un momento particolare per me: mi sono sentito a casa.

Dal paese senza aria e senza tempo un abbraccio caloroso a ciascuno di voi.

Alla prossima puntata

jj

3 commenti:

Lohoris ha detto...

ooooh che bello che hai fatto un altro post, mi piacciono molto, bravo bravo, divertiti, expa, e continua così.

ah, avevo letto "lo chiamano GuNDAM".

e il bello è che tutta la prima parte del post poteva benissimo star parlando di gundam, lol, è autorevole, possente, talmente importante che ne parli prima di salutarti, tanto forte che non dorme mai, ha energia infinita, inventi macchine per contrastarlo, e non esiste in italia. ROTFL è proprio GUNDAM.

Cornelia ha detto...

Ma cos'è Gundam?

Che cosa vuol dire che avete i guardiani? Fanno la guardia alla savana o a voi volontari? E li pagano bene? Qui immaginiamo sempre tutti quei signori che come nei film sulle colonie ti fanno da facchini o cose del genere... ma esistono veramente?

Tutte le volte che scrivi mi viene da farti un sacco di domande.
Tipo: come ti trovi ad aver dato un contributo ad un disco nigeriano... che però è un contributo ignorans???? Scherzo.... però solo un batterio poteva fare una cosa del genere!

Ma non ti senti sdoppiato rispetto a quando eri qui in Italia?

Michele G. ha detto...
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